La Spianata Sardinia

Come ti chiami? Sei di Milano?

Mi chiamo Marco Specchia. Sono cresciuto a Milano ma sono di origini sarde e salentine.

 

Quando è nato il negozio?

Il negozio è nato l’otto Novembre di tre anni fa’, semplicemente in seguito ad una rivalutazione della mia vita. Lavoravo in questa zona, conoscevo un po’ il posto. Sono legato ad un'azienda di famiglia che produce pane in Sardegna, ho deciso quindi di fare un investimento su me stesso aprendo questo locale in cui propongo la cucina tradizionale sarda.

 

 Ricordi cosa hai pensato i primi giorni di marzo dello scorso anno?

il 28 febbraio dello scorso anno era passato un anno esatto dall’apertura dell’attività. il primo anno di un'attività sono sempre spese, fermo restando che da quando abbiamo aperto, il locale ha sempre avuto un discreto successo. Per la prima volta dall’apertura, l'ultima settimana di febbraio, avevo già pagato tutte le spese del mese quindi ero super contento.

Poi però Luxottica ha chiuso, e quello è stato il primo campanello d’allarme. In realtà io ero già abbastanza allarmato perché stavo seguendo la situazione in Cina, ancora prima che si sviluppasse anche qui. La sensazione che avevo era quella che le informazioni non fluissero completamente in maniera chiara in Europa e che la situazione fosse già abbastanza pesante in Cina. Pensavo che se fosse toccato a noi, qui in Europa avremmo fatto un disastro. Sono però sempre stato ottimista.

 

 

All’inizio hai pensato che ci trovavamo davanti a qualcosa di così complesso?

Si, in realtà sapevo già che sarebbe stato complesso, sapevo già che sarebbe stato ancora più complesso per me che ho fatto un grande investimento sulla mia vita.  Ho pensato: “oddio, dove sto andando”,  e sapevo che ci sarebbe voluto più tempo di quello che in realtà dicevano le prime informazioni.

 

Cosa avete fatto per far fronte alla crisi e adattarvi a questa nuova normalità?

lo non ho fatto granché perché quando ho progettato questo posto, l’ho fatto in modo che fosse funzionale alle esigenze di oggi come quelle del delivery, con consegne anche in ufficio.  Lavoravo con l’asporto prima del lockdown, ho continuato durante la pandemia e i vari lockdown e continuo anche ora.

Fortunatamente in un anno avevo già sviluppato collaborazioni con tutti i delivery presenti: Just Eat, Glovoo e anche marchi più piccoli.  Questa in realtà è stata una gran fortuna perché mi ha permesso comunque di coprire sempre le spese, permettendomi di rimanere a galla e rimanere aperto.  Mi sono poi subito informato per capire come poter usufruire di agevolazioni da parte del governo.

Durante il primo lockdown mi sono anche iscritto ad un concorso che metteva a disposizione Facebook e Instagram  per aiutare un po' quelle piccole imprese che erano state colpite dalla pandemia. Abbiamo tenuto colpo anche durante quel primo lockdown.

 

Quale è stato il momento più difficile?

Quando abbiamo chiuso le porte e mi sono seduto sullo sgabello. All’inizio mi sono riposato un po’ a dire la verità, avevamo fatto un anno e qualcosa di apertura a lavorare con ritmi massacranti. Quando ho chiuso la porta mi sono rilassato e ho pensato: “passa”.

In generale sono una persona ottimista, quindi mi sono preoccupato, ma non troppo. Non c’è stato un momento più difficile in particolare, la cosa difficile è stata la durata di tutto questo.

 

Avete mai pensato di mollare?

 No, mai pensato di mollare anzi, abbiamo cercato modi per poter stare a galla, modi per poter ripartire il più velocemente possibile, modi per pagare tutto e non avere altri debiti se non quelli iniziali. Non ci siamo indebitati e questa è una grande cosa. Oggi ripartiamo esattamente dal punto in cui ci eravamo fermati.

 

Come hanno reagito i clienti alle prime chiusure?

Durante le prime settimane di chiusura c’era sicuramente molta confusione: la gente passava chiedendo un caffè dall’esterno; il delivery poi è esploso, la gente, in qualche modo, non aveva voglia di mangiare sempre le stesse cose e di andare a fare la spesa rimanendo in attesa in lunghe file.

 

Credi che le attività come la tua siano adeguatamente supportate? Di che cosa avreste avuto bisogno per affrontare il futuro con più serenità?

Supportate no. Considera che io ho un uno Street food che in realtà non è una piadine ria, né una birreria, né una panineria. Per questo la mia attività per lo Stato non è nulla. Per lo Stato non esiste proprio come realtà. Lo Stato non riconosce queste nuove forme di commercio. Dovrebbe aggiornarsi sulle evoluzioni della gastronomia in Italia, perlomeno per capire come la gente si stia riadattando creando nuovi prodotti e nuovi progetti.

 

I gesti più belli a cui hai assistito quest’anno

Mi ricordo alcuni gesti carini: la gente che ordinava vassoi di dolci da mandare ai compleanni; persone che, per dare una mano al locale, lasciavano più mancia di quanto non avessero mai lasciato prima; In generale il vicinato è stato molto più presente ordinando da noi, in virtù della difficoltà che la ristorazione ha subito.

 

Credi che si tornerà completamente alla normalità?

In parte ci sarà sicuramente una nuova considerazione della vita. Ci saranno dei cambiamenti che lasceranno il segno nelle nuove generazioni. Ci servirà molto più tempo, una decade forse, per comprendere cosa la pandemia abbia realmente causato nel lungo periodo.

Sicuramente ci sono state delle “esplosioni” di nuove situazioni forzate come lo smart working, ma per forza di cose, alcune di queste situazioni, ritorneranno ad essere quelle di prima.

 

Come immagini il futuro della tua attività

In realtà questo è un piccolo  progetto con ambizioni molto grandi. L'ideale sarebbe quello di sviluppare un'apertura capillare su più punti, basati sul concetto di gastronomia sarda, in maniera semplice e pastorale.

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